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Il bandolo della matassa

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Ad un primo sguardo, la situazione napoletana appare – sotto il profilo delle politiche culturali – segnata da un processo di decadimento costante. Più d’uno sono, in effetti, gli aspetti di picco in questo processo, talmente tanti che diventerebbe difficile farne più che una mera elencazione – in questo contesto.
Vorrei quindi partire da quattro di questi aspetti, perchè mi sembra che siano una valida cartina di tornasole per evidenziare le questioni cruciali per le politiche culturali cittadine.
Il primo di questi, è la questione della raccolta De Simone e del museo della musica a San Domenico Maggiore.
Il secondo è quello dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Gerardo Marotta e della sua biblioteca.
Il terzo è quello del Museo MADRe.
Il quarto è quello del Forum Universale delle Culture 2013.

La prima delle querelle estive di quest’anno dolente, è stata appunto quella aperta dal maestro Roberto De Simone. Sicuramente, De Simone è un personaggio non facile da maneggiare, e talvolta le sue reazioni possono apparire ingiustificate o fuori misura; d’altro canto, il suo valore è fuori discussione, e certo i tempi ed i modi della politica sono altri rispetto a ciò che usualmente si considera normale… Probabilmente, parte di questa querelle poteva essere evitata, o sopita, avendo una maggiore attenzione e cura nei rapporti tra pubbliche amministrazioni e De Simone stesso.
Ma il punto centrale va al di là delle questioni caratteriali o di bòn tòn relazionale.
Sono anni che il maestro De Simone manifesta la sua volontà di creare una scuola di musica a Napoli, e di creare – con la sua collezione – un museo. Desiderio, quest’ultimo, che si incrocia con il progetto di creare a San Domenico Maggiore il Museo della Musica. E quest’estate, stanco delle lungaggini della politica, batte il pugno sul tavolo ed annuncia che la sua scuola la farà a Portici.

La seconda, ed è cronaca recente, è quella della biblioteca di 300.000 volumi dell’Istituto fondato da Marotta. Anche qui, siamo in presenza di un problema noto da tempo, ma rispetto al quale non si è mai riusciti a trovare – da parte delle istituzioni pubbliche – delle soluzioni dignitose ed intelligenti, capaci di valorizzare i patrimoni presenti sul territorio ed internazionalmente riconosciute. Anche qui, una certa spigolosità dell’avvocato finisce per costituire un alibi per chi, istituzionalmente, dovrebbe occuparsi di queste cose. E così, impossibilitato a pagare i 200.000 euro annui di affitti, per alcuni appartamenti in cui attualmente è divisa la biblioteca, ed in mancanza di una soluzione alternativa – e possibilmente unica – anche Marotta batte il pugno,  ed annuncia che i libri finiranno in un deposito a Casoria.

Il caso del MADRe è, spero, fin troppo noto – ed è stato oggetto dei mio post precedente. La nuova amministrazione regionale di centro-destra si è impegnata nella demolizione del sistema culturale creato negli anni di Bassolino, piuttosto che nella sua rifondazione. Non a caso, infatti, a questo processo demolitorio si è affiancata una politica di occupazione militare dei posti di potere, spudoratamente esercitata in prima persona dal personale politico. Nel caso del MADRe, diversamente ad es. di quanto avvenuto per la Fondazione Campania dei Festival, la strenua resistenza opposta da Cicelyn ha prolungato l’assedio, fino a far cadere la cittadella per fame. Pur di occupare l’edificio simbolo di via Settembrini, infatti, la pulzella Caterina Miraglia non ha esitato a portarlo alla distruzione.

Il Forum delle Culture, cui ho dedicato nel tempo innumerevoli post, è semplicemente desaparacido. Dopo un tourbillon di interventi improvvidi e di palese improvvisazione da parte del sindaco De Magistris, che hanno via via smantellato la credibilità della Fondazione che avrebbe dovuto gestire l’evento, si è giunti alla decisione di svuotarla d’ogni contenuto, aprendo una stagione di contorcimenti amministrativi e di vergognosi giochi di potere intorno alle sue spoglie. Delle mirabolanti promesse del sindaco non v’è più traccia, e ad otto mesi dall’apertura del Forum non se ne sa assolutamente più nulla. Non se ne conosce nè il budget né chi lo gestirà, non se ne conosce il programma, non si sa se e come verrà coinvolta la città; nulla di nulla.

trovare il bandolo della matassa...

trovare il bandolo della matassa…

Come dicevo all’inizio, questi quattro casi esemplari rappresentano in modo perfetto l’insieme delle problematiche che affossano le prospettive culturali della città di Napoli.
Al primo posto, c’è ovviamente l’insipienza e l’incapacità della classe politica. I primi tre esempi rappresentano delle straordinarie opportunità di costruire un polo di attrazione culturale internazionale e d’eccellenza, capace di attrarre non semplicemente un turismo mordi e fuggi, ma un flusso più qualificato e prolungato, capace a sua volta di generare attrazione turistica di massa attraverso un processo di internazionalizzazione della città. Napoli come Parigi, Londra, New York.
Il Forum, a sua volta, avrebbe potuto essere l’occasione privilegiata per aprire questa stagione, e soprattutto per farlo coinvolgendo profondamente la città, rendendola partecipe non solo dell’evento in sé ma della progettualità futura che, a partire dall’evento, si sarebbe potuta e dovuta sviluppare.
Ma la classe dirigente napoletana, come e peggio di quella nazionale, appare assolutamente inadeguata. Autoreferenziale e priva d’immaginazione.
Quando, intervistata da Repubblica a proposito della questione De Simone, l’assessore Di Nocera dichiara “una scuola basta poco per aprirla”, viene da chiedersi perchè allora non l’abbiano fatto, perchè alla fine De Simone sia andato a Portici. Perchè si riesce in quattro e quattr’otto a portare a Napoli l’America’s Cup (sui cui costi e benefici aspettiamo ancora una verifica seria e credibile…), e non si riesce ad aprire la scuola di musica del maestro De Simone? Perchè la prima, appunto, si mette in piedi in poco tempo ed assicura grande visibilità mediatica, mentre la seconda richiede un investimento sul tempo e quindi fa meno notizia?
La politica non sa guardarsi attorno, non sa vedere oltre se stessa ed i propri clientes, e si infastidisce quando viene pubblicamente richiamata all’attenzione di qualcosa che invece sta lì, in attesa di venire comunque valorizzata. Si tratti della collezione De Simone, dei 300.000 volumi di Marotta o del CAM di Antonio Manfredi.
Un’altro aspetto di grande rilevanza, in parte al primo intrecciato, è quello degli investimenti privati in cultura. É chiaro che, questi, cercano innanzitutto la remunerazione del capitale investito. Tranne forse qualche rarissima eccezione, di fenomeni di mecenatismo non c’è alcuna traccia. Ed il più delle volte, l’investimento remunerativo che suscita l’interesse e l’attenzione del capitale privato è quello a breve.
D’altro canto, è anche vero che non esistono politiche volte specificamente a stimolare e favorire gli investimenti privati, e soprattutto ad inserirli in un quadro di crescita e sviluppo generale.
Ovviamente, queste politiche attengono prevalentemente alla dimensione nazionale, e non a quella delle amministrazioni locali. Purtuttavia, queste potrebbero fare comunque qualcosa – e soprattutto in modo diverso da come si fa attualmente. Difficile non pensare, ad esempio, che il coinvolgimento dei privati nella nuova gestione del MADRe, tanto sbandierato dalla Regione Campania, allo stato dei fatti si riduca alla presenza della Fondazione Morra Greco che – al di là di qualsiasi giudizio di merito – riceverà un milione di euro per curare un progetto all’interno del museo, pur essendo già partecipata dalla Regione stessa. Insomma, i privati invece di portare capitali li ricevono…
Mi chiedo, davvero non si riesce ad immaginare nulla capace di incoraggiare investimenti – anche internazionali – su progetti culturali di largo respiro e di lunga durata?
Nella sua prima sindacatura, Antonio Bassolino andò a New York per trovare i fondi necessari ad acquistare nuovi autobus per il trasporto urbano. Ma questi sanno solo battere cassa a Roma e Bruxelles.
Abbiamo un enorme patrimonio immobiliare di grande valore storico e culturale, abbandonato al degrado ed all’incuria. Abbiamo grandi risorse culturali e scientifiche, anche all’interno delle nostre università, che potrebbero costituire appetibilissimi partner per investitori nazionali ed internazionali. Ma se non si trova la chiave per attivare un percorso serio di sviluppo, non riusciremo mai ad intercettarli.
Ancora, queste storie ci dicono che, accanto al depauperamento del patrimonio culturale napoletano in senso lato, è in atto il suo invecchiamento. Non emergono energie e forme nuove, capaci di assicurare un futuro che non sia mera conservazione del passato. E la questione, ovviamente, non è la mancanza di artisti giovani e di valore, o di nuove produzioni culturali di spessore. La questione è la loro dispersione, la diaspora a cui si sentono condannati, l’incapacità nel fare massa critica qui e adesso. Che ciò accada in quella che, tra le grandi città del paese, è anche quella con la popolazione più giovane, è tragico.
La città non può rassegnarsi al suo declino. Dobbiamo trovare il bandolo della matassa, perchè tutto si tiene, ogni cosa è connessa all’altra.
Sta a noi trovare, innanzitutto, la voglia e la forza di metterci in gioco, di scommettere sul futuro. Non sarà la finta rivoluzione arancione a darcene uno, quindi rimbocchiamoci le maniche.

6 Risposte

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  1. Reblogged this on i cittadini prima di tutto.

    icittadiniprimaditutto

    1 settembre 2012 at 12:25

  2. Che il quadro culturale di Napoli rappresenti una devastazione quello è ormai fuori di dubbio. Gli esempi che hai saggiamente ed efficacemente illustrato qui (come nei precedenti interventi) giustamente, rappresentano la punta dell’iceberg, perché appaiono di entità maggiore rispetto a tante altre. Ricordo pure io l’intervista sulla questione De Simone, eppure che cosa ne è venuto fuori? A partire dal sindaco che ne sparò a tutta difesa della sua gestione ed amministrazione contro il drammaturgo “dal carattere difficile”… ora lo stesso sta accadendo per l’Avvocato Marotta e ancora accadrà per altri. Del Madre (ahimé, immaginavo che non fosse come avevi detto la volta scorsa, ma pare che finita l’estate è scemata l’attenzione dei giornali!) non se ne parla più, del Forum, forse meglio che si caduto tutto nell’oblio…
    Quest’estate sono stato in città ed ho cercato di calarmi nei panni di un turista (mi sono molto avvilito, tra bar e negozi chiusi, assenza di servizi e musei più o meno fintamente aperti). Ho visitato, tra le altre cose, le catacombe di San Gennaro e quelle di San Gaudioso, due strutture di ineguagliabile e meraviglioso fascino… eppure, sono gestite autonomamente da una coopertiva che si è rimboccata le maniche (ne ho parlato quì – http://assolocorale.wordpress.com/2012/08/18/napoli-sottoesopra/) ed ha fatto della sua passione uno strumento di lavoro e fonte di rinnovamento per quartieri abbandonati a se stessi, il Comune si è tirato fuori da questo ambito… e questo è solo un altro degli esempi da poter citare della fuga dalla cultura da parte delle nostre istituzioni, eppure basterebbe davvero poco, pochissimo. Ad esempio, mi sono sempre chiesto perché non è stata mai attivata una navetta perenne che dal museo archeologico salisse fino a Capodimonte museo?? L’utenza sarebbe continua, e si ridarebbe fiato e respiro ad una perla museale difficilissima da raggiungere! Purtroppo credo che da questi nostri governanti non dobbiamo aspettarci più niente, e quel che è peggio e che dobbiamo subire inermi anche le grandi e trionfalistiche autocelebrazioni di questi “rivoluzionari” che continuo a pensare… forse sono peggio di quelli che hanno sostituito!
    E allora voglio intervenire, partecipare, collaborare e dare forza al nostro patrimonio (un po’ come la cooperativa delle Catacombe); ma che cosa possiamo fare? veramente non mi viene in mente niente al di fuori di restare vigile sull’argomento e di parlarne a più non posso cercando di coinvolgere altre sensibilità!

    lois

    1 settembre 2012 at 15:51

    • Ma lo sai che volevano (spero l’idea sia tramontata…) fare una funicolare, tra l’Archeologico e Capodimonte? Sempre progetti grandiosi, mai un pò di buon senso…
      La classe dirigente di questo paese ha un orizzonte limitatissimo. Si costruiscono le cattedrali – che sono belle da inaugurare, magari due o tre volte… – e poi si chiudono perchè mancano i soldi per il custode.
      Tanto per restare ai temi accennati nel post; per la creazione del Museo della Musica a San Domenico Maggiore c’è uno stanziamento di 10.000.000 di euro (fondi FAS). Bene, e poi? Se (e quando) si riuscirà a realizzarlo, da dove verranno fuori i fondi per tenerlo aperto? Finirà come il PAN, che degrada strutturalmente un pò alla volta, con il personale che diminuisce e senza più un idea del che farne?
      Gli esempi che citi sono importanti, perchè segnalano la possibilità concreta di fare. Ma occorre qualcosa in più, uno scatto ulteriore.
      Dobbiamo, come cittadini, riappropriarci del nostro diritto a decidere di ciò che ci appartiene.

      enricotomaselli

      1 settembre 2012 at 16:24

  3. Per riappropriarci del nostro diritto di decidere e di controllare ci hanno creato un assessorato apposito… come servirsene?

    maria vitacca "Articolo 9"

    4 settembre 2012 at 10:19

    • Se intendi riferirti all’assessorato ai Beni comuni e Democrazia partecipativa, forse la domanda andrebbe rivolta all’assessore Lucarelli
      Comunque, se devo dirti la mia opinione, non se se quest’assessorato sia stato creato, come dici tu, “per riappropriarci del nostro diritto di decidere e di controllare”; di sicuro questo diritto non si vede proprio come possa essere esercitato. La questione sta nei fatti, non nelle belle parole…

      enricotomaselli

      4 settembre 2012 at 10:37

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