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Scandali al sole

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Prima o poi, tutti i nodi vengono al pettine. E non c’è balsamo arancione che possa scioglierli.
Premetto che, nella sceneggiata tra contrapposti giustizialisti e garantisti, io sto da un’altra parte. Chè oltretutto, per molti si tratta di casacche intercambiabili, in base al soggetto cui ci si riferisce all’occasione.
Penso che, al di là di quanto attestato da sentenze, ogni inchiesta giudiziaria apra comunque uno spiraglio di verità, e che il giudizio espresso in quella sede non necessariamente debba equivalere al giudizio politico che può emergere dai fatti portati alla luce.
Fatta questa premessa, provo a tentare un ragionamento su quanto sta accadendo in città negli ultimi tempi.
Dove, in un crescendo anche mediatico, sono state avviate tre inchieste su passaggi importanti nella vita recente di Napoli: Forum delle Culture, buche stradali (indagati il Sindaco e l’ex-assessore Anna Donati), America’s Cup. Nell’interludio tra l’una e l’altra, la polemica – significativa – su Piazza del Plebiscito, a seguito del concerto di Bruce Springsteen.
Per quanto riguarda le inchieste, e soprattutto per l’ultima, ne sapremo a suo tempo gli esiti – salvo eventualmente criticarli nel merito. Ciò che invece mi interessa è, a partire da ciò che (anche attraverso le inchieste) viene alla ribalta, fare un ragionamento politico sulla città.

Scandalo al sole - the original...

Scandalo al sole – the original…

É fin troppo evidente che siamo ad un punto di svolta, nell’ambito della sindacatura De Magistris. Come dicevo prima, i nodi vengono al pettine. E ovviamente non sto parlando di (eventuali) responsabilità penali, relativamente alla gestione della cosa pubblica, ma di responsabilità politiche.
C’è stato – e c’è – uno scarto profondissimo tra le belle parole, i peana rivoluzionari in 140 caratteri, le affermazioni roboanti (per quanto fatte con sincera convinzione), e la realtà di questi primi due anni di amministrazione.
Di là dalla predicata partecipazione – di cui del resto da Palazzo San Giacomo non si parla quasi più – la realtà effettuale del governo della città è quella dell’uomo solo al comando: guai a contraddire il Sindaco, che ritenendosi investito di una mission sacré non accetta critiche. Ne sanno qualcosa svariati suoi collaboratori, scaricati senza complimenti al primo accenno di dissenso.
Nonostante la reiterata dichiarazione di essere dalla parte del popolo (sic!), la base sociale dell’amministrazione arancione sembra fondarsi esclusivamente su due pilastri, dal sapore alquanto borbonico: da un lato, questo generico popolo, ammansito con spettacoli di piazza e lusinghe verbali, dall’altro alcuni potentati economici cittadini (D’Amato-Faraone Mennella, De Laurentiis, Romeo…). Quella parte più preparata, consapevole e disinteressata della città, che lo aveva appoggiato nella sua corsa alla poltrona di Sindaco, si è da tempo allontanata, delusa e mal considerata.
Il Sindaco ama gonfiare il petto (ed i fatti…), menando vanto di questo e quest’altro, ma rifuggendo sempre da qualsivoglia responsabilità. A lui i meriti, agli altri le colpe. Ma poiché, sfortunatamente, lo scarto più grosso è quello tra l’idea che ha di se stesso e la realtà, tra le sue ambizioni e le proprie capacità di realizzare, negli ultimi due anni Napoli è passata dalla padella di un riformismo inceppato alla brace di 100 rivoluzioni annunciate e nessuna compiuta.

La gattopardesca operazione di maquillage alla Giunta, fallito l’obiettivo di coinvolgere il PD, è solo una cartina di tornasole di come l’amministrazione annaspi tra mille difficoltà, senza sapere più come affrontarle. E – nota a margine… – il fatto che la nuova maggioranza al Consiglio Comunale veda l’entusiastica adesione dell’UDC, fa definitivamente giustizia di qualsivoglia pretesa rivoluzionaria
La questione centrale – ancora e sempre – non sono le difficoltà, che pure ci sono, di governare una città complessa come Napoli, e di farlo in una situazione di grave dissesto economico. La questione è l’assoluta mancanza di un’idea di città, verso cui orientare l’azione di governo. E, ovviamente, di una squadra di governo convinta e coesa, capace di operare per realizzarla, e delle necessarie cinghie di trasmissione tra questa e la città, capaci di mettere in atto la comunicazione bidirezionale tra amministratori ed amministrati (quel che dovrebbero fare i tanto deprecati partiti).
Essendo del tutto priva di questi requisiti, l’amministrazione comunale galleggia sulla superficie della città, non ha un vero legame con alcun tessuto sociale, non sa fare squadra e si affida in tutto e per tutto alle idee estemporanee del sindaco – il quale preferisce di gran lunga le luci della ribalta, e quindi opera principalmente in funzione di queste.

Ed è precisamente in questo vuoto programmatico, che trovano poi lo spazio per venire alla luce le contraddizioni più stridenti, i nodi più ingarbugliati. E da qui che viene la spinta che fa saltare il tappo, che porta – ad esempio – una figura a dir poco controversa come il fratello del Sindaco, mero collaboratore-consulente dello stesso, a polemizzare pubblicamente con una figura istituzionale come il Sovrintendente Cozzolino.
Se qualcuno ha mai pensato che il rimpastino della Giunta rappresentasse un giro di boa, farà bene a disilludersi, è solo un inutile giravolta. Nulla è cambiato perchè nulla può cambiare. Non con questo Sindaco, che possiede ego ed ambizioni smisurate, ma difetta di visione politica. Non con questa Giunta, che come la precedente si raggruma non intorno ad un programma ma intorno ad un uomo. Non con questi partiti, ormai tutti, indistintamente, allo sbando e trasformati di fatto in comitati d’affari e/o potentati locali.
Non con questa città, verrebbe da dire, ormai fiaccata nello spirito, delusa, frustrata, rassegnata.
Lontana nel tempo e nelle speranze la stagione delle bandane, oggi volano gli stracci.

Il Grande Nulla

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Infine, ed inevitabilmente, il rimpasto è arrivato.
Ovviamente, come era prevedibile, si tratta di un rimpastino, perchè al di là del rimescolamento dei nomi, assolutamente nulla è cambiato. Da un certo punto di vista, anzi, i mutamenti intervenuti nella Giunta comunale si dimostrano rivelatori della crisi profonda – e per nulla risolta – che attraversa l’amministrazione. L’obiettivo iniziale del Sindaco era quello di allargare la sua base, sia sul piano consiliare che su quello sociale. E, attraverso questa operazione – che contava di chiudere con un coinvolgimento di PD e SEL – rientrare in qualche modo in quella che costituisce il suo unico, vero interesse: la partita politica nazionale.
Sfortunatamente per lui, le cose sono andate diversamente dal previsto. Il PD, per quanto allo sbando ed attraversato da numerose pulsioni favorevoli all’ingresso in Giunta (l’astinenza da governo è difficile da… governare!), ha preferito mantenersi libero, rinviando a tempi (e condizioni) migliori un’eventuale rientro a Palazzo San Giacomo. Dal canto suo anche SEL, che pure non si trova in condizioni migliori, ha saputo resistere alla sirena arancione, ben comprendendo che un allargamento della maggioranza si costruisce sulla base di un diverso programma – e non semplicemente su un diverso organigramma.
In compenso, la fu rivoluzione arancione (e civile) sembra aver sedotto quantomeno i consiglieri UDC, che ormai supportano la maggioranza quasi stabilmente…
Del resto, anche il Sindaco è allegramente passato dalla fiera opposizione al governo Monti al sostegno al governo Letta, composto dalla medesima maggioranza del precedente, destinato a svolgere sostanzialmente le stesse politiche, ed oltretutto con una più marcata (e talvolta marchiana) presenza di esponenti del PDL.
Si potrebbe pensare che De Magistris, dopo aver isolato la città rispetto al governo nazionale con le sue reiterate esternazioni ostili, si sia ora ravveduto. Ma essendo io un noto malfidato, ho le mie riserve; ben più probabile, infatti, che si tratti soltanto di una tardiva mossa tattica, adottata in funzione di quelle (mai sopite) ambizioni nazionali di cui dicevo.
Il Sindaco, infatti, ha sempre mostrato di non comprendere che – in quanto tale – dovrebbe intervenire nel dibattito politico attraverso i suoi atti amministrativi, e non con i tweet rivoluzionari o le dichiarazioni roboanti ai media.

Il Grande Nulla, ma quello 'autentico'

Il Grande Nulla, ma quello ‘autentico’

Sia come sia, il maquillage amministrativo è alfine arrivato.
Come sempre, preferisco concentrare l’attenzione sulle politiche culturali, chè troppo ci sarebbe da dire sull’amministrazione della città in generale.
E poiché questo rimpastino, pur non essendo il primo cambiamento nella squadra del Sindaco (che sin da subito non ha fatto che perdere pezzi), rappresenta comunque uno spartiacque, mi sembra giusto partire da un bilancio di quanto ci lasciamo alle spalle. Anzi, da un bilancino.
Se si guarda all’indietro, a questi due anni, è davvero difficile trovare traccia di una qualche politica culturale. Direi quasi che è difficile trovare qualche traccia, purchessia. Il biennio trascorso all’insegna di Antonella Di Nocera non lascia alcunché alla città, non un evento significativo, non un indirizzo di rilievo, non un importante processo avviato. E probabilmente non poteva essere diversamente, per una gestione subalterna quale è stata quella appena conclusa; subalterna nei confronti dei De Magistris (Sindaco e fratello), ovviamente.
Alla mancanza di fondi, che sull’assessorato alla cultura ha pesato ancor più che su altri, si è sommata la mancanza di idee; dalle stanze dell’assessorato, nel corso di questa prima fase amministrativa, ne sono uscite ben poche, e nessuna di successo. Spesso bistrattata dalla sua stessa maggioranza (si ricordano i pubblici attacchi di Maria Lorenzi, presidente della commissione cultura del Comune), l’assessore Di Nocera può vantare all’attivo solo le Giornate x la Cultura, tardive ed insufficienti. Per il resto, non pervenuta. Sostanzialmente, la sua gestione è stata caratterizzata da un approccio raccogliticcio: mettere insieme tutto ciò che in città viene comunque prodotto sul piano artistico e culturale, cercando di farlo apparire come un qualcosa di unitario, di programmato.
A fine mandato, posso confermare la valutazione che ne feci tempo addietro, in un intervista al Corriere del Mezzogiorno: “Volenterosa, inadeguata”.

La seconda (ed ultima?) fase dell’amministrazione napoletana, si apre ora con la nomina di Nino Daniele al posto che fu della Di Nocera. É sempre sgradevole, dover in qualche modo anticipare un giudizio sull’operato delle persone. Sarebbe più corretto attendere di poterlo fare ex post, o quanto meno dopo un sufficiente lasso di tempo. Purtuttavia, quando si parla di questioni politiche, il peso delle singole personalità è ridimensionato, rispetto a quello sovradeterminato dal quadro generale.
E questo, è segnato dal fatto che il rimpasto della Giunta comunale è sfacciatamente legato ad esigenze di facciata, e non di sostanza. Non c’è infatti alcuna variazione di programma – non essendoci alcun programma, sarebbe in effetti difficile… – e quindi tutto è destinato a proseguire come prima.
Certo, il neo-assessore è stato Sindaco di Ercolano, quindi si può supporre che sia meno disponibile ad un ruolo così smaccatamente subalterno. D’altro canto, pare che sia noto soprattutto per il suo impegno anti-camorra, avrà quindi bisogno di qualcuno che di politiche culturali ne sappia… Ovviamente, e giustamente, un ruolo politico e non tecnico non necessita strettamente di una competenza specifica; ma certo non guasterebbe.
Ci sono ora alcune grandi questioni, che attendono l’assessore Daniele.
C’è innanzitutto il buco nero del Forum Universale delle Culture. In merito al quale, in questi anni, abbiamo sentito dire di tutto e di più, ma senza mai vedere nulla di vero. Si dice che le bugie hanno le gambe corte, perchè non vanno lontano; ma in merito al Forum, siamo da tempo alle bugie focomeliche
C’è la questione del PAN. Cosa fare, con quali idee, quali mezzi, quali obiettivi, del Palazzo delle Arti Napoli. Ormai ridotto più che mai a grande contenitore senza identità, inseguendo maldestramente l’idea di metterlo a reddito.
C’è il problema del Mercadante – e del teatro in generale, a Napoli. Un problema politico, che riguarda la Direzione De Fusco, ed uno economico, che attiene ai fondi che il Comune deve al Teatro di Città. Ma ovviamente senza dimenticare la crisi di un intero comparto, ed il modo in cui questa si intreccia con la gestione del Napoli Teatro Festival Italia.
C’è da risolvere i nodi della biblioteca Marotta e della collezione De Simone. Due importanti patrimoni cittadini, che rischiano di andare dispersi, o comunque di non ricevere l’adeguata attenzione.
C’è la questione della destinazione d’uso di alcuni importanti spazi, per di più già interamente (o quasi) restaurati, come il complesso conventuale di San Domenico Maggiore, l’ex-Ospedale Militare ai Quartieri Spagnoli, l’Albergo dei Poveri a Piazza Carlo III…

Ancora una volta, le questioni sul tappeto sono esattamente le stesse di due anni fa – ma incancrenite. Saprà il nuovo assessore, non dico risolverle, ma quanto meno affrontarle? Riuscirà a strappare qualche risorsa al Sindaco – o magari ad attingere a qualche finanziamento europeo? Vedremo finalmente messe in campo delle idee?
La speranza (che non vuole mai morire…) è che qualcosa si muova. La previsione (spero sinceramente smentita dai fatti) è che nulla cambierà. Per uscire da questo Grande Nulla napoletano, ci vorrebbe una squadra coesa nel conseguimento di obiettivi chiari e precisi, e con solide connessioni con il tessuto connettivo della città. Non vedo nulla di tutto questo.