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La mossa del cavallo

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Incredibilmente, nel caldo agosto di quest’estate napoletana, sulle pagine dei quotidiani ha conquistato grande spazio la querelle sul MADRe, il (fu?) Museo d’arte contemporanea della città.
Sarà perchè – com’è noto – in estate le notizie scarseggiano, e quindi ci si acconcia dando spazio ad argomenti che solitamente ne hanno molto meno? Voglio sperare di no. Voglio sperare che non sia anche questo un fuoco di paglia, uno dei tanti  incendi agostani di cui poi ci si dimentica – anche se si lasciano alle spalle terra bruciata.
Sulle pagine di Repubblica, in particolare, si sono succeduti numerosi interventi sul tema. Enrico Cisnetto della Scabec (la società di gestione del Museo, a capitale regionale), l’assessore Caterina Miraglia, Mario Franco, Mimmo Paladino, Nicola Spinosa, Ernesto Tatafiore, Aldo Masullo, Fabrizio Vona, Germano Celant, Pierpaolo Forte (Presidente della Fondazione Donnaregina), Francesco Clemente, ovviamente Edoardo Cicelyn, e da ultimi anche Vittorio Sgarbi ed Achille Bonito Oliva (ma vedrete che la serie continua…). Insomma, come si vede, un parterre di tutto rispetto.
Verrebbe quindi da pensare che l’attenzione sul tema sia alta, come la temperatura… A dirla tutta, di questo non sono invece tanto convinto. Un’intervista ad un’autorevole quotidiano non si nega, costa poco in termini di impegno e restituisce molto di più in termini di visibilità. Ma cosa si fa effettivamente, quali sono le iniziative in campo? A ben vedere, poco o nulla, se si prescinde ovviamente da quanto sta facendo la Regione Campania, con l’assessore Miraglia. Mesi fa, venne organizzata alla galleria di Alfonso Artiaco un assemblea di operatori artistici e culturali, proprio per discutere del destino del Museo; ma, a partire dagli organizzatori, non c’erano idee concrete in campo, ma solo preoccupazione, malumore, un confuso voler fare qualcosa. Inevitabilmente, il tutto si risolse in un buco nell’acqua, e non ebbe alcun seguito.
Da parte sua, anche il Comune di Napoli ha brillato per la propria assenza (o peggio), provando a nascondersi dietro il dito della competenza regionale… Il Sindaco De Magistris, che pure parla e tweetta su questo mondo e quell’altro, non ha detto una sola parola sul MADRe. Dal canto suo, l’assessore comunale Antonella Di Nocera ha liquidato la questione con l’ormai famosa (quanto infausta) frase “L’esperienza del MADRe è importante, ma tra i miei 500 file mentali aperti, almeno questo non c’è.”
Insomma, gli attori istituzionali o si disinteressano, o si limitano ad esprimere mediaticamente la propria opinione, gli addetti ai lavori seguono (forse) la vicenda dalle pagine dei giornali, la città in buona misura la ignora.

Il Cavallo di Paladino

Il Cavallo di Paladino

La questione, comunque, ha varie facce. C’è lo sfacciato spoiling system operato dalla Regione, che pur di rimuovere Cicelyn assurto a simbolo del bassolinismo, non ha esitato a portare il Museo sull’orlo del baratro; e ci sono gli strascichi di questo, con la guerriglia messa in atto dall’ex direttore. C’è la questione della programmazione e dell’identità futura del Museo, tra l’ingresso della Fondazione Morra Greco (che brilla per la sua assenza, fra quanti sono sinora intervenuti sul tema…) ed un risibile programmino. C’è il nodo degli incarichi, con un Comitato Scientifico ancora avvolto nel mistero ed il (discusso) bando per il nuovo Direttore. C’è ovviamente la questione dei fondi, tra quelli pubblici, sbloccati appena liquidato Cicelyn, e quelli privati, che rimangono una chimera.
Ma soprattutto, aggiungo, c’è la questione del modello museale verso cui si dovrebbe andare, a partire dalla definizione della sua funzione, e che invece mi sembra del tutto assente dal dibattito – costipato com’è nel confronto, spesso personalistico, tra cosa (e come) è stato, e cosa (e come) sarà. Insomma, l’annosa, stucchevole, stantia polemica tra il modello bassoliniano di politica culturale, ed un presunto nuovo, diverso modello, proposto dal centro-destra. Che, sia detto per inciso, mi sembra semplicemente una versione peggiorativa di quello precedente –  basti pensare alla straripante presenza della Miraglia in organismi vari, oppure alla gestione De Fusco in ambito teatrale.

Ma ragioniamo un attimo su questi aspetti.
Com’è noto, non ho mai risparmiato le critiche al modo in cui si è dispiegata la politica culturale nell’era bassoliniana, pur senza farne mai una questione pregiudiziale, ma anzi riconoscendo la bontà di alcune intuizioni, e taluni esiti positivi (pur in presenza dei discutibili iter che li hanno prodotti), quali ad esempio il Museo MADRe. Ciononostante, non si può negare che, da parte dell’amministrazione regionale di centro-destra, ci sia stato un attacco politico alla precedente gestione, e che questo sia stato condotto in modo sfrontato, senza ritegno e con grande protervia. Del resto, è sotto gli occhi di tutti: la politica culturale della giunta Caldoro (ammesso che ce ne sia una) è tristemente segnata da un’assoluta mancanza di idee, da un occupazione personalistica delle poltrone da far impallidire i momenti peggiori del bassolinismo, da un invadenza della politica senza precedenti. La nuova stagione politica, quindi, si è aperta con un discutibile e sgradevole arrembaggio ai centri di potere culturale (e amministrativo…), laddove si sperava invece in quel doveroso passo indietro della politica, e soprattutto in una valorizzazione delle competenze senza badare al colore della casacca. Tra l’altro, consumata ormai la prima metà del mandato, i risultati di tale politica si possono riassumere in due dati: la creazione di un potentato personalistico nel campo del teatro (Miraglia/De Fusco – Fondazione Campania dei Festival/Napoli Teatro Festival/Teatro Mercadante), e la distruzione del museo d’arte contemporanea.
D’altra parte, non si può non osservare, con un certo fastidio, l’insistenza con cui l’ex-Direttore Cicelyn rifiuta di farsi da parte (un idea, questa, che per la classe dirigente italiana è equiparata alla peste…); da ultimo, la sua conclamata volontà di partecipare al bando per il nuovo direttore, all’unico scopo di aver titolo per impugnarlo. Che abbia sempre considerato il MADRe una sua creatura (la sottolineatura non è casuale), è noto; ma questo atteggiamento da après moi le delùge francamente lo trovo insopportabile. Prenda atto che la sua stagione è conclusa – quantomeno per quanto riguarda il Museo di via Settembrini – e si dedichi ad altro, senza spendere il suo tempo a mettere i bastoni tra le ruote; che tra l’altro, allo stato appare cosa davvero ridondante

Cosa sia stato il Museo cicelyniano, è abbastanza noto. Grandi numeri di spesa (circa 110 milioni di euro) ma scarsi numeri di presenze; secondo il Rapporto di Attività 2007-2009, la media di visitatori per il periodo in oggetto è stata inferiore a 180/giorno (200.000 totali) – comprendendovi però anche quelli legati ad eventi paralleli, come la discoteca Madrenalina, il cineforum, i concerti jazz. Numeri che, nella loro crudezza, raccontano di un mancato rapporto con il territorio, così come di una scarsa attrattività extraterritoriale. Non si vuole certo paragonarlo al MoMa di New York, che fa 2 milioni e mezzo di visitatori all’anno, oppure al MAXXI di Roma, che viaggia sui 500.000/anno. Ma piccoli musei, per di più dislocati in sedi estremamente periferiche, come il Castello di Rivoli vicino Torino, oppure il MART di Rovereto, raggiungono tranquillamente i 50/60.000 visitatori solo con una mostra, seppure importante. Per non parlare poi della assenza di una reale collezione permanente. Questo, appunto, per il passato. Ma il futuro?
Il futuro dovrebbe essere scritto in uno striminzito programmino, denominato I Cinque Cerchi (probabilmente, gli estensori pensavano di lanciarlo in contemporanea con le Olimpiadi di Londra…), il cui contenuto è praticamente nullo. In questo documento – Indirizzi strategici della Fondazione Donnaregina 21012 – 2014 – dovrebbero essere tracciate le linee guida del triennio; ma, a parte il fatto che il 2012 è già praticamente concluso, a voler essere generosi ciò che vi si trova è a malapena un abbozzo di buone intenzioni. I suddetti cinque cerchi – la cui alimentazione dovrebbe essere garantita, oltre che dai fondi europei, anche da “ricavi propri, sponsorizzazioni e partenariati” (sic!) – sarebbero: Dimensione Metropolitana, Dimensione Regionale, Dimensione Inter-Regionale, Dialogo Euro-Mediterraneo e Oltre il Mediterraneo. Per capire la profondità di questo programma, basti dire che gli ultimi tre cerchi sono descritti mediamente in 80 parole ciascuno…
In ogni caso, al di là appunto delle banalità e di un genericissimo elenco di intenti (sostanzialmente relativi a dimensioni d’intervento territoriale via via più ampie), l’unico elemento maggiormente sostanziato è un progetto denominato Ventuno, e da realizzare in collaborazione con la Fondazione Morra Greco (“sul modello MoMA PS1”!…). Progetto che a sua volta dovrebbe articolarsi in mostre ed eventi, residenze ed educational.
Insomma, se il buon giorno si vede dal mattino…

La questione del nuovo Direttore, infine, dovrebbe essere risolta attraverso un bando pubblico, pubblicato lo scorso luglio. Si può, ovviamente, discutere sui termini del bando, ma il fatto stesso che sia stato scelto questo strumento è comunque un fatto positivo. Come dicevo, speriamo che, come in tante squallide storie di coppia, l’ex non si metta di traverso per il puro gusto di far dispetto. É altresì chiaro che la scelta del vincitore, affidata ad una commissione composta dai membri “in carica” del Comitato Scientifico e del Consiglio d’Amministrazione della Fondazione Donnaregina, sarà determinante per il futuro del Museo.
Vittorio Sgarbi, nel suo intervento su Repubblica, ha lanciato una proposta concreta, affidare la direzione all’attuale Direttore del CAM, Antonio Manfredi. Si tratta, chiaramente, di un endorsment non da poco, soprattutto considerato il peso del critico nel mondo del centro-destra. Personalmente, ritengo che Antonio farebbe bene a partecipare al bando, e che abbia tutti i requisiti per tentare un rilancio del MADRe. In ogni caso, non saranno pochi i nodi da sciogliere, a cominciare appunto dal rapporto con la Morra Greco.

Rimane – non posta ancor più che irrisolta – la questione della funzione del Museo, e quindi del modello museale verso cui dovrebbe orientarsi. Come ho detto, il nuovo verso cui si orienterebbe la Regione Campania è in realtà tanto vago quanto vecchio.
E se, allora, proprio su questo si aprisse il dibattito? Se si mettessero in campo delle idee, se si aprisse un ragionamento pubblico e partecipato, per definire – davvero – a cosa serve un museo d’arte contemporanea oggi, e quindi come e con chi debba essere progettato e costruito? Se provassimo a mettere intorno ad un tavolo tutti gli attori del mondo dell’arte e della cultura, pubblici e privati?
Anche a costo di sentire pure delle sciocchezze, le solite lamentele o proposte stravaganti, ma con l’impegno di starsi ad ascoltare (senza le veloci passerelle cui ci hanno abituato i nostri rappresentanti istituzionali) e la volontà di arrivare ad individuare un percorso davvero nuovo. Con pazienza e determinazione, le idee emergono comunque.
Per provare ad uscire dai confini asfittici di questo dibattito, potrebbe essere la mossa del cavallo.